Biscottini di Natale al sapore di valigia


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I Biscottini di Natale sono IL dolce natalizio della città in cui sono nata. Guai a chiamarli semplicemente biscotti, perché la parola biscotti, ecco, li snatura; e guai a chiamarli troppo di frequente biscottini: perché, in realtà, l’italianismo che contraddistingue i miei luoghi natii li nomina biscuttine. Così, al femminile: le biscuttine. Noi, qui, non si sa bene perché, decliniamo tutto alla -e, sia i nomi maschili che quelli femminili. Derivazione latina? Può darsi. Semplice quanto irrinunciabile e vitale grevità dei dialetti italiani? Altrettanto possibile. Le vere massaie della mia città, all’incirca il primo di dicembre, inizieranno a chiederti: “aaaaa fatte ‘e biscuttine?” E tu, che magari parli anche in italiano, alternerai la parola biscuttine, usandola in modo ironico, alla più elegante ma meno verace biscottini

Il punto è che i Biscottini di Natale sono una vera e propria istituzione. Non puoi non farli. Se non li prepari non sei un cittadino doc. Quando decidi di cucinarli, devi organizzarti giorni e notti prima, perché è d'obbligo preparare impasti di almeno cinquanta uova: i biscottini devono essere prodotti in quantità industriale perché devono essere regalati. Smerci e spacci di biscottini tra famiglie, amici, parenti, genti che semplicemente condividono il pianerottolo, colleghi, alunni, genitori degli alunni ai colloqui di dicembre, negozianti, disinteressati doni al capo, artigiani nei mercatini in centro. Insomma, tutti. Sì, anche le pasticcerie nostrane. Ma comprare i biscottini in pasticceria non è la stessa cosa che prepararli in casa, dividerli in sacchetti da conservazione o in più eleganti sacchetti di juta e nylon lucente, infiocchettarli e donarli. 

Dopodiché parte il confronto: “aaaaa fffatti più bbboni l’anno scorso”; oppure “st’anno c’ha messo più cioccolata”; oppure ancora “bbbboni come st’anno n’hae mae fatte” (sì, anche gli avverbi qui si declinano alla -e). 

Il secondo punto fondamentale dei Biscottini di Natale è che esiste una ricetta ufficiale, ma che non riesce mai ad essere la stessa. Non è replicabile. Il risultato sarà sempre diverso.
Insomma, posso dirvi che occorre buttare dentro una ciotola ENORME, la più grande che avete: uova, zucchero, burro, cioccolato fondente grattugiato e/o tagliato in pezzi grossolani, mandorle e nocciole intere e/o tritate finemente; i più temerari aggiungono i canditi, altri, ancora più temerari, una spolverata o tre chili di cannella. Qualche bicchierino di liquore. E, soprattutto, (la parte difficile) farina quanta l'impasto ne raccoglie. Ora, dopo che avete infilato le mani in questa prigione del peso di circa otto tonnellate, dovete realizzare una serie di forme di impasto strette e allungate. Infornarle ad una temperatura e per una durata che conoscete solo voi e il vostro forno e che dipende anche, ad esempio, da quanto cioccolato fondente avete messo e da quanta farina avete raccolto; infine, toglierle dal forno prima che diventino dei selci d’epoca romana, perché dovete tagliarle perpendicolarmente alla lunghezza e con un taglio leggermente obliquo. A questo punto, farle raffreddare. Il confine tra sfornare i biscotti crudi e lo sfornarli carbonizzati (complice l’infingardo cioccolato) è molto labile. 
Come vedete, la ricetta è piuttosto confusa. Solo anni di pratica e anni di assaggi possono aiutarvi nel realizzarla. Il problema, poi, è che i biscottini vengono preparati solo una volta all’anno, quindi si hanno poche possibilità di allenarsi: e l’errore è dietro l’angolo.



I forestieri, guardandoli, direbbero che sono come i tozzetti. Mai eresia fu più condannabile. Possono avere la forma dei tozzetti, ma sono i Biscottini di Natale della mia città. E, nonostante la ricetta, vengono ogni volta diversi: ogni famiglia produce il suo sapore, ogni famiglia, ogni anno, cambia leggermente sapore al proprio biscottino. Forse perché ogni biscottino di Natale porta con sé l’esperinza dell’intero anno trascorso. Forse dipende dal grado di umidità, da chi sta collaborando con te, dall’umore e dai sentimenti del momento. Fatto sta che i biscottini della signora X sono diversi da quelli della signora Y. Ed è questa la grande magia di questo dolce. 

La magia dei biscottini di Natale sta nel sentire in essi la mano della propria mamma, l’odore del Natale della propria infanzia, il sapore di una giornata in famiglia dedicata a stare insieme e a impastare.

Da qualche anno, i biscottini per me sono il sapore del ritorno a casa. Quando ero bambina, svoltate le vacanze della Vigilia, di Natale e Santo Stefano, si partiva per la montagna. Un luogo centinaia di chilometri lontano da casa. La nonna ci faceva buste immense di biscottini che improfumavano la macchina e poi la stanza d’albergo - e infilare il naso in quelle buste era un po' rivedere il proprio albero acceso in salotto o sentire l’odore dei mandarini, con la cui buccia coprire i numeri della tombola. 
Poi, i biscottini sono diventati un cercare di riproporre casa anche altrove. Abitare lontano dalla propria città natìa ti porta a riprodurre lontano da casa gli stessi odori che sentivi a casa - e ti metti lì, in due, a giocare a essere grandi, a impastare come i grandi, tentando di dar forma alla propria personalissima versione dei biscottini di Natale, immaginando un giorno di tornare, di essere vecchi e di portare a tavola, di fronte a decine di nipoti, i propri biscottini, nel frattempo divenuti un monumento irrinunciabile. I biscottini, col tempo, hanno assunto l’odore e il sapore di quella valigia che si fa con la consapevolezza del ritorno, per quindici giorni, ad uno stato di compiutezza familiare, lontano dallo scorrere del tempo del lavoro, delle incombenze, di tutto ciò che ritma la vita quotidiana lontana dai tempi remoti e protetti della famiglia. I biscottini sono la valigia sul FrecciaRossa della sorella che “scende” e che attraversa cinquecento chilometri per rientrare nei suoi luoghi. I biscottini siamo noi che di chilometri ne facciamo molti ma molti meno verso casa, ma che comunque ci separano dal luogo in cui siamo nati. E ci rendiamo ogni volta conto che l’ingresso al casello autostradale è innanzitutto un ingresso di colori e odori che non trovi da nessun’altra parte, anche se dove vivi ora, in fondo, stai benissimo. 
È più un bagaglio di ricordi, ecco: ritornare e tornare indietro, a godersi sul divano un po' di calore e colore e protezione, aprire la valigia e far uscire tutto quello che in trenta e oltre anni sei stato, ritmato da quell’odore continuo che scandisce tutti i nostri natali. 
Saper fare i biscottini, saperli fare bene, in realtà, significa essere riusciti a iniziare qualcosa: non semplicemente adagiarsi nel bambino che si era, ma essere stati in grado di aver fondato una propria personalissima famiglia, un proprio modo di vedere il mondo. Un rito di passaggio: quando non sei più il figlio che ritorna, ma sei tu il porto sicuro a cui tornare


Quest’anno, per noi, niente forno acceso, niente impasto da otto quintali, niente biscottini. Quest’anno, solo una grande valigia pronta dietro la porta di casa da un mese. Non per tornare, ma per cominciare un nuovo viaggio. Quest’anno fondiamo qualcosa. Da quest’anno, i biscottini saranno l’odore di riconoscimento della nostra famiglia. Apriremo la valigia e inizieremo a mettere dentro i primi momenti e i primi ricordi. Quest’anno, in fondo, la valigia sono io. Devo solo tirare la zip per dar vita a nuovi Natali e a una nuova Vita. 

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