Quella meraviglia di Montalcino!

sguardinotturni

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Non saprei da dove iniziare per raccontare quello che è stato uno dei viaggi più brevi e più intensi del nostro piccolo nucleo: perché i ricordi si affastellano - complice forse il tour di vini e cantine che percorrere è imprescindibile in un posto come Montalcino.
Partirei, forse, dal fatto che uno dei miei sogni di bambina è sempre stato quello di poter godere del calore di una casetta medievale fatta di pietre e persiane sbilenche. Non chiedetemi perché, ma in quelle case incastrate le une nelle altre ho sempre visto un modo di vivere antico, fatto di minestre a sobbollire su un braciere al centro della casa, di camini in funzione giorno e notte e di materassi di lana, che ti lasciano sprofondare e - seppure alla lunga scomodissimi - sono in grado di replicare l'abbraccio della nonna alla sera, quando addormentarsi fa paura. Sono piccole dimore che odorano di dolci preparati al mattino presto, con le uova appena covate dalle galline e il latte appena munto dalle mammelle della mucca più ritrosa.
Non so se nel duemiladiciassette le cose siano ancora così, ma a me piace immaginarlo. 
Mi sono sempre piaciuti gli hotel attrezzatissimi e mai e poi mai avrei potuto pensare che un B&B potesse regalarmi una dimora incastrata nella pietra, medievale quanto basta, moderna quando basta, con tanto di dolcetti sfornati da una signora gentilissima. Che, tra l'altro, ci ha fatto trovare sul letto gli asciugamani annodati con lo stelo di un fiore. Cosa volere di più? Ah, sì. Un profumo inebriante di pulito per tutta la casa. E musica classica ovunque. Spartiti ovunque. Il mio mondo - ovunque!

Questa non poteva che essere la promettente ouverture di un giro elegante ed etilico quanto basta per quella meraviglia di Montalcino.
Perché, l'altra cosa che mi piace scoprire in giro per viaggi, è il contatto che i paesi hanno con la propria terra - e con i prodotti che questa produce. Filari e filari di vigneti, cantine su cantine, bottiglie infilate in appositi distributori, con tanto di tessera per scegliere prezzo e quantità del prezioso liquido. 
Se prima erano spartiti ovunque ora sono calici di Brunello ovunque! 
Mai e poi mai avrei immaginato di poter vedere tutte quelle bottiglie e di poter scoprire sapori di un vino che ha tante sfaccettature quante sono le zolle della terra. E vai a ricordarti come era l'etichetta di quel Brunello con quel nome che, sì, ricordi benissimo, ma di cui hai dimenticato l'annata, preso dal sapore e dall'odore. 
Brunello di Montalcino ovunque: e a poco a poco riesci ad affinare palato e papille e a capire che non tutte le sorsate sono uguali. Finisci, poi, per essere così sensibile all'uva e ai legni che ti innamori della cantina più piccola e forse meno conosciuta, ma che ha un nome tanto bello. Il sapore è bello quanto il nome. 
Ti perdi negli scaffali di bottiglie disposte per nome, annata, colore dell'etichetta e, infine, ordine alfabetico. Vorrei possederla anche io una parete così ricca, ordinata e variopinta da cui attingere di volta in volta per una sorsata d'oro di vino rosso. 
Perché il vino rosso - quello buono, quello che staziona almeno cinque anni nelle botti e nelle cantine - non è fatto per ubriacarsi o andar su di giri. È fatto per godersi il momento, un'annusata, un giro di calice, il naso che si infila nel vetro, il liquido rosso che raggiunge la punta della lingua e che poi infuoca l'ugola e l'esofago. E quello che rimane sulla lingua e sul palato è un sapore fruttato, un sapore acido, un sapore amaro, un sapore dolciastro: ti perdi nel riconoscere i sapori, in un puro gioco d'attesa, in un puro godersi il tempo per il tempo - ammirare un calice di vino è saperlo fermare, il tempo.
Poi, ecco, se accanto a un vino così riesci a mettere un tagliere di salumi e formaggi del posto - o una fiorentina tenerissima da un chilo e duecento grammi - allora stai vivendo la vacanza definitiva. 
Altro che correre nel deserto a cavallo di una moto o nuotare con gli squali o perdersi in serate etiliche di scarsa qualità dall'altra parte del globo: datemi una fiorentina, un calice di vino e ragù di cinghiale che sobbolle nella terracotta di qualche esperta vecchina. Datemi un divano morbido e un caminetto acceso!

Musica ovunque, Brunello ovunque.
E Arte ovunque. 
Se devo trovare il minimo comune denominatore di tutto, direi che è il legno. 
Il legno è quello dei chilometri di vigneti che disegnano la terra come pentagrammi scarabocchiati da un artista geniale e disordinato - che, con un tocco di penna, tutto riporta all'ordine. 
Il legno, poi, è quello magistralmente intagliato, scolpito e dipinto che abbiamo visto nel museo diocesano del paese. Gesù Cristo medievali e rinascimentali, ognuno nel proprio legno vecchio di secoli e carico di storia, con una pregevolezza e una maestria eterne. Il Gesù Medievale che soffre - e il suo legno che sanguina resina. E il Gesù Rinascimentale che, pur soffrendo, rimane di una bellezza intatta e delicata, coi riccioli castani che nemmeno sembrano legno, ma morbide nuvolette cascanti.

Il legno, infine, è quello delle scale scricchiolanti della Fortezza di Montalcino. Barcollare paurosamente per arrivare su, dopo aver bevuto i primi quattro calici di Brunello della giornata, e avere davvero l'impressione di camminare su quelle assi con indosso l'armatura più pesante di un’anonima guardia medievale, quella che il vino lo beveva per riscaldarsi, in qualche notte incerta di vedette assonnate.

Dall'alto della Fortezza, il vento e il panorama ti calano subito in un'altra epoca, fatta di cose tremendamente autentiche: e, per fortuna, è un'epoca, almeno a Montalcino, così vicina, così attuale, tutta da vivere. 

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